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Il Chievo cede, Inter vicina al titolo

I 49’ tra il gol di Cambiasso e il rigore di Totti sono stati l’anticamera dello scudetto che neppure l’Inter si illudeva di conquistare in anticipo. Infatti dovrà aspettare la partita di domenica prossima a Siena («Il mondo ci guarderà, servirà una prova di cuore e di sangue», minaccia Mezzaroma, presidente dei toscani e tifoso giallorosso), là dove Mancini vinse il primo titolo della serie e Mourinho coglierà forse l’ultimo della propria avventura interista, se i tifosi sanno captare per primi quanto accade all’interno di una società: la moltiplicazione degli striscioni che implorano lo «Special One» perché non se ne vada mostrano che in curva il tarlo del dubbio si è insinuato in profondità. Sono scenari futuri e futuribili rispetto all’incombenza di chiudere il campionato. San Siro, gremito a festa, ha ironizzato sulle due reti della Roma in svantaggio con il Cagliari. Immaginiamo che altrettanto sia successo all’Olimpico quando al 14’, un minuto dopo l’inatteso autogol di Thiago Motta in mischia, il Chievo ha compensato il bilancio con l’autorete di Mantovani: una deviazione di tacco sul cross di Balotelli che se avesse centrato la porta giusta grideremmo alla prodezza mentre, lì per lì, ha suscitato illazioni sgradevoli. Come al solito il sospetto corre sul filo.
L’impressione è che, se c’era il trucco, Inter e Chievo lo hanno mascherato molto bene: non c’è stata l’evidente resa che la Lazio aveva dichiarato una settimana fa. I veneti hanno subìto l’azione nerazzurra nel primo tempo in cui non riuscivano a schiodarsi dalla propria metà campo e riconsegnavano immediatamente la palla agli interisti, favorendone la pressione. Come possesso di palla pareva una partita del Barcellona ma non c’è da stupirsi. L’Inter ha acquisito una mentalità schiacciante. Finché non è arrivata al 4-1 non ha levato il piede da camionista sull’acceleratore per rimettercelo dopo il gol di Pellissier che all’improvviso riapriva la partita (e i pericoli per lo scudetto) sul 4-3: il Chievo nell’ultimo quarto d’ora tornava agnellino, manco si azzardava a cercare il contropiede già soddisfatto di raccattare l’onorevole sconfitta grazie anche alle parate di Sorrentino, a un palo di Pandev e agli errori di mira. Più che una scelta suonava come una costrizione: «se ti azzardi ti meno» era il messaggio che spirava dalla muscolarità dell’Inter in quel finale reso più inquieto dalle notizie in arrivo da Roma.

Insomma è andata come si pensava, con qualche palpitazione in più. Siena sarà il posto candidato al secondo «titulo». L’Inter ci andrà con la certezza di aver recuperato Balotelli che ha più forza e più numeri di Pandev: l’accelerazione con cui il moro di Brescia ha bruciato Scardina sul lancio di Maicon e la freddezza per superare Sorrentino uscitogli incontro sono la riprova del talento. Il resto è quanto siamo stati abituati a vedere nella stagione del possibile slam. Pregi (molti) e difetti (alcuni). Infatti per una ventina di minuti, quando ha calato il ritmo, l’Inter si è distratta proprio come le capitava nei mesi scorsi quando tra pareggi e sconfitte rimise in gioco le inseguitrici. In quel poco tempo il Chievo le ha rifilato due gol. Quello di Granoche con una deviazione sul tiro di Marcolini (un po’ troppo sorpreso Julio Cesar), quello di Pellissier con l’inserimento del valdostano nella falla lasciata da Zanetti e da Materazzi, sempre meno affidabile anche nelle sceneggiate: dopo le convulsioni per due manate di Mexes nella finale di Coppa Italia, è stramazzato pure ieri per il contatto con un avversario che non era un Tir.

Sono dettagli che non scalfiscono la portata di una squadra che ha ritrovato il Maicon degli anni scorsi e si sente: assist per i gol di Cambiasso e Balotelli, una voluminosa produzione di cross e proiezioni in attacco. È lui l’uomo che allarga il fronte nelle offensive interiste. Cambiasso è sontuoso nella direzione dell’orchestra, Stankovic migliora (ha colpito anche la traversa sullo 0-0), Eto’o sbaglia qualche conclusione però si muove molto e Milito è probabilmente il più forte attaccante in Europa: il gol per il 3-1 è stato un gioiellino per il modo in cui ha atteso di tirare finché non ha avuto lo spazio per scavalcare Sorrentino con un tiro morbido a scendere. La deviazione di Frey ne ha migliorato la traiettoria però il colpo era da genio. Un altro schiaffo alla memoria di Ibra.

lastampa.it
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