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Inter, pari da paura

A furia di pareggi, anche ieri 2-2 contro la Dinamo Kiev di Shevchenko, l’Inter è affondata all’ultimo posto nel girone e pensando che dovrà andare in Ucraina e a Barcellona, contro i catalani sorprendentemente frenati dalla sconfitta interna con il Kazan perciò belli caldi, l’avventura internazionale di Mourinho rischia di finire anche prima di quanto successe a Mancini, che per i naufragi in Champions perse la panchina concessa al Messia di Setubal. Forte nel cortiletto italiano e fragile in Europa: non c’è niente di nuovo sotto l’ombrello interista. Siamo convinti che in trasferta l’Inter possa ancora fare il colpo con gli ucraini, più deboli, ma l’esperienza per il momento è disperante. Per quante se ne provino (ieri, negli ultimi 10’ abbiamo visto addirittura Materazzi centravanti) l’esito è una fatica terribile nell’affrontare avversari meno attrezzati della miliardaria multinazionale nerazzurra.

Sarà soltanto un’impressione ma sembra che in Europa qualsiasi squadra straniera sviluppi un gioco più armonioso e incisivo delle compagini italiane. La Dinamo ha mostrato un fraseggio migliore dell’Inter. Gli ucraini scambiavano palla con fluidità, avanzavano compatti, non sparacchiavano lanci per mancanza di alternative. Eppure hanno un allenatore, Valeri Gazzaev, che ricorda gli impiegati postali nelle novelle di Gogol. In squadra ci sono slavi di secondo piano, brasiliani di terzo livello e il vecchio Sheva che a casa sua accetta un ruolo da comprimario, schiacciato sulla fascia destra con compiti di copertura (veniva addirittura ammonito per un’entrata su Zanetti a centrocampo) che nel Milan rifiutava con disprezzo. Più che l’amor di patria, sono le bastonate degli ultimi anni ad averne smussato le pretese: anche i suoi compagni meno conosciuti non lo trattano con la reverenza di chi ha vinto un Pallone d’Oro. Nella ripresa Shevchenko ha provato a battere gli antichi rivali e il nemico giurato Mourinho: ha sulla coscienza la palla del 3-2 al 28’, un errore non da lui, però più degli altri ha capito come reggere l’urto finale.

L’Inter in avvio era ancora con la testa a Genova, provincia d’Italia e non d’Europa. Bastava alla Dinamo per colpire a freddo sui calci da fermo: al 4’ Yarmolenko graziava Julio Cesar da due passi ma il minuto successivo portava l’1-0. Zanetti e Stankovic mancavano la respinta su una punizione e Mikhailik calciava a fil di palo. L’Inter ci metteva un po’ a organizzarsi. Eto’o, unica punta, mancava dell’energia del Balotelli visto in quel compito contro il Genoa. Stankovic e Sneijder, dietro al camerunense, non lo sapevano servire. Muntari era un caso umano: San Siro aveva deciso di non fischiarlo, colto da compassione per le lacrime del match con l’Udinese, ma era una fatica non mandarlo al diavolo. Insomma la difesa della Dinamo, seppure penalizzata dal centrale Almeida e dall’esterno Magrao (perché pure a Kiev pescano i difensori in Brasile?), era uno scrigno aperto di cui l’Inter non sapeva approfittare. Anzi gli ucraini impaurivano con le trame in velocità e Sheva, di testa, su cross dell’interessante terzino Eremenko, sbagliava di un palmo il raddoppio.

Le squadre straniere sono belle e pericolose ma a volte terribilmente ingenue. Così al 35’ la Dinamo si sbilanciava al punto da subire, a San Siro e in vantaggio di un gol, il pareggio su un contropiede lanciato da Lucio e concluso da Stankovic sul quale usciva fuori area come un principiante il portiere Bogush. Il tempo di rallegrarsi per la rotta ritrovata e la scialuppa nerazzurra imbarcava nuova acqua. Lucio colpiva malamente di testa su un calcio d’angolo: autogol, tutto da rifare e Mourinho nella ripresa capiva di non poter lasciare Eto’o ancora solo. Aggiungeva Suazo, levando l’inutile Muntari, l’atteggiamento più aggressivo dei nerazzurri determinava la momentanea risalita. Samuel pareggiava subito di testa, c’era la sensazione della rinascita. Invece la Dinamo riequilibrava il conto delle occasioni da gol, ne sprecava e ne faceva sprecare. L’ultimo urlo si strozzava in gola a San Siro nel recupero: gol di Suazo ma in fuorigioco.

lastampa.it
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