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Parla Pellegrini. Chi Si Rivede!

L'ex presidente dell'Inter, Ernesto Pellegrini, ha parlato del momento difficile del club nerazzurro: "Mi dispiace per Branca, che è una bravissima persona.
L'ex presidente nerazzurro, Ernesto Pellegrini, intervenuto ai microfoni di 'Sport Mediaset', ha parlato del momento molto difficile dell'Inter, prendendo le difese della società nerazzurra. "Datele un po' di tempo. - ha esortato - Thohir, che ho incontrato in due occasioni recentemente, mi è simpatico, ho fiducia in quello che sta facendo e in quello che farà". 

E sul tycoon indonesiano, l'ex numero uno dell'Inter ha rivelato: "Mi ha detto che verrà qui una settimana al mese. Mi ha confidato che metterà ai posti di comando uomini di sua fiducia. Sinceramente mi dispiace per Marco Branca, che è una bravissima persona. Difficile quest'anno rientrare nei primi posti".

E sul presidente onorario Massimo Moratti ha assicurato: "Inizialmente era un po' preoccupato, ma oggi penso che sia più sereno". Infine sulla sfida di domenica contro il Sassuolo"In passato Squinzi mi ha detto: 'Vengo in Serie A per battere l'Inter'. Staremo a vedere cosa succederà domenica...".

Chi è Ernesto Pellegrini?

Ernesto Pellegrini, intraprendente e determinato self-made man milanese classe 1940 figlio di un ortolano del quartiere Taliedo, cavaliere del lavoro in cima ad un gruppo leader nel settore della ristorazione collettiva che attualmente offre occupazione a 7500 dipendenti, tifosissimo nerazzurro innamorato delle gesta del geniale Lennart “Nacka” Skoglund e, soprattutto, presidente della Beneamata per undici lunghi e chiaroscuri anni, dal 1984 al 1995, intrisi di meravigliose gioie (vedi l’ineguagliato scudetto-record 1988/’89 targato mister Trapattoni) e strazianti disfatte (ad esempio, l’inaspettato e terrificante tredicesimo posto nella Serie A 1993/’94). 

Undici faticose stagioni di governo passate a predicare efficienza e riservatezza, a tentare di combattere sul campo l’orgia di potere mediatico-politico-economico del fastoso Milan di Silvio Berlusconi, a lanciarsi in cospicui investimenti per comprare magnifici assi – a partire dal poderoso centravanti tedesco Karl Heinz Rummenigge, il biglietto da visita con il quale il rampante Ernesto si presentò alla gente del Biscione non appena acquistato da Ivanoe Fraizzoli il pacchetto di maggioranza – ma anche abbaglianti bidoni del calibro di Darko Pancev, a lottare contro un vistoso tic all’occhio sintomo del crescente nervosismo accumulato specialmente negli ultimi sfiancanti anni di gestione, a conquistare quattro trofei (un tricolore, una Supercoppa italiana e due, ardue quanto prestigiose, coppe Uefa) e a sfiorarne alcuni altri in una rivoluzionaria ed indimenticabile “Età dell’Oro” in cui il meglio del football mondiale era allora quasi totalmente ospite del campionato del Belpaese, segnatamente mutato sempre più in showbiz.

Undici annate al termine delle quali, in coda a quattro altalenanti settimane di trattative e nel bel mezzo di una grave crisi tecnico-economica che stava stritolando la società nerazzurra, per una somma intorno ai settanta miliardi di lire cedette a furor di popolo la proprietà del club a Massimo Moratti, l’amico petroliere che Pellegrini, insieme ad una misteriosa cerchia d’industriali nostrani con importanti finanze a disposizione, ha recentemente dichiarato che sarebbe lieto d’aiutare pur di vedere l’Inter rimanere saldamente nelle affidabili e italiane mani dell’odierno amministratore delegato Saras: l’affidabilità e l’italianità di una persona che da diciotto stagioni ha rinverdito una gloriosa saga famigliare mettendosi a capo della squadra con la stessa incredibile passione, serietà, trasparenza, attenzione, generosità e nobiltà d’animo ereditate dal padre Angelo, leggendario presidente che negli anni Sessanta rese la formazione meneghina allenata da Helenio Herrera perennemente “Grande”. Grande quanto quella del figlio Massimo, patron che pare ora ad un passo dal vendere almeno il 65% delle quote al magnate indonesiano Erick Thohir (per una cifra circa dieci volte maggiore rispetto a quella spesa nel 1995) ma che “rischia” realmente di rimanere in eterno il più vincente dell’ultracentenaria storia del Biscione: una storia ripartita in pompa magna sotto il nome Moratti grazie anche al fondamentale apporto dell’avvocato Peppino Prisco, splendido trait-d’union tra la volontà d’acquisto di Moratti junior e la voglia di cessione, seppur forzata dai sempre più pressanti inviti dell’esasperata tifoseria, di Pellegrini. Il 18 febbraio 1995 andavano così a riannodarsi i fili di una mitica epopea che sarebbe poi stata ulteriormente impreziosita da sedici meritati trofei conquistati, da una nutrita schiera di fuoriclasse di livello internazionale portati a vestire la maglia interista, da una genuina, integra e signorile condotta rarissima per il calcio da squali dell’ultimo ventennio, comportamenti capaci di regalare una limpida immagine del club nerazzurro in grado di rendere orgoglioso il proprio popolo alla pari delle molte coppe vinte o dei tanti campioni comperati.

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