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Coppa Italia all'Inter, la Roma va ko

Sono giorni in cui basta affacciarsi sull’Olimpico romano per vedere il peggio del calcio. Dalla farsa di Lazio-Inter in campionato alla finale di Coppa del Far West che gli interisti hanno vinto grazie al gol di Diego Milito, un filo rosso ha collegato due partite diversamente disgustose. L’una è stata figlia dell’altra. L’innesco e la bomba, di cui Totti, entrato nel secondo tempo soltanto per far male, è diventato il simbolo: il calcio che ha rifilato a Balotelli a 3 minuti dalla fine e per il quale è stato espulso è un gesto indegno di un campione, il timbro di una frustrazione infinita che si può comprendere ma non giustificare.

Già prima era entrato in malo modo su Milito, per vendicarsi di uno scippo appena subito dall’argentino: pura frustrazione, insomma, come ammetterà Ranieri alla fine. Si è cominciato con la zampata di Burdisso sulla coscia destra di Sneijder, costretto a uscire dopo 4 minuti dell’ennesimo match cui non avrebbe dovuto partecipare. E si è proseguito tra risse estemporanee, diverbi, mani in faccia e calci negli stinchi che Rizzoli non ha saputo frenare. Nel primo tempo il tenero arbitro bolognese avrebbe dovuto cacciare Burdisso con un secondo cartellino giallo e mostrare il rosso a Mexes per un cazzotto nel fianco a Materazzi che quando se la vede con i francesi o un pugno o una testata la rimedia sempre (e poco virilmente l’accusa contorcendosi come un tarantolato messo giù da Tyson). La Roma dal canto suo poteva lamentarsi per lo strattone prolungato di Samuel interpretato come un fallo di Toni che invece meritava il rigore. Insomma Rizzoli, così blando e permissivo, non era lo sceriffo ideale per giocarsela con banditi avvelenati da tre giorni di polemiche cui non si era sottratto nessuno: ne è uscita una finale brutta soprattutto nel primo tempo finché qualcuno deve avere avvertito la compagnia (a eccezione di Totti) che era l’ora di darsi una calmata. Nello stadio che vorrebbe essere il “Wembley” italiano, mentre era e resta la casa della Roma con un evidente svantaggio per chi l’affronta in finale, l’Inter si è avventata sul primo obiettivo dello “slam” cui punta José Mourinho. Di questa squadra che un mese e mezzo fa pareva al capolinea delle energie stupisce la ripresa atletica: non c’è un calo fisico benché giochino quasi sempre gli stessi, ogni tre giorni e la fatica non diminuisce la concentrazione. Bisognerà segnalarlo tra i meriti di Mourinho che per necessità o per calcolo ha recuperato alla causa persino Balotelli.

Dalla notte con il Barcellona, quando gettò a terra la maglia, il ragazzo ha attraversato tutte le fasi della crisi profonda con l’allenatore e con la squadra: ieri c’è stata la pacificazione. Mou l’ha immesso per compensare l’uscita di Sneijder e il gruppo dei notabili ha deciso che era il momento di reinserirlo: schiaffato all’ala sinistra, Balotelli non ha incantato però si è preso la propria dose di calci da Burdisso, obbligando Ranieri a sostituirlo nella ripresa, e non si è esentato dalla lotta fino a provocare l’espulsione del capitano romanista. Dallo spicchio di folla interista si è levato persino un coro di incoraggiamento. Certe cose non si dimenticheranno, ma forse da ieri si ricorderanno meno. L’Inter è stata più solida e continua, ha sviluppato la capacità di controllare le partite e almeno nel primo tempo ha obbligato la Roma a giocare di rimessa: Ranieri, che salvo sorprese resta a “zero tituli” pure in una stagione per lui molto speciale, aveva puntato su Toni anziché su Totti.

Tranne il salvataggio di Julio Cesar che levava dai piedi di Toni un cross straordinario di Taddei al 26’, la Roma non aveva sussulti in attacco. I nerazzurri ne mostravano qualcuno in più. Milito era colto in fuorigioco al 17’ (e Mourinho voleva vedere il replay sul teleschermo dell’addetto della Lega, che rifiutava) però rimediava al 40’ con un gol bellissimo, pura farina del suo sacco, con Mexes e Perrotta impotenti nel contrasto. Era il mattone su cui l’Inter costruiva la resistenza nella ripresa, barcollando molto sull’errore incredibile di Juan che all’8’ falliva il pareggio di testa, a porta vuota e con Julio Cesar a terra. I giallorossi ci provavano su punizione, erano graffi sulla corazza nerazzurra che teneva con mestiere fino alla fine.

lastampa.it
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