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La difesa più forte d’Europa sfida il tappo e lo spilungone

Camp Nou, ore 21,27, Lionel Messi segna all’Arsenal il terzo gol del Barcellona, quello della sicurezza, quando dagli spalti partono cori e fischi contro Josè Mourinho, non è strano ma è vero. Josè Mourinho, quindicesimo allenatore della stopria a raggiungere per la quarta volta una semifinale di Champions e primo a farlo con tre squadre diverse, Porto, Chelsea e Inter, fa tremare gli anelli del Camp Nou. Pepp Guardiola ammette che proprio l’Inter non la voleva incontrare, Diego Maradona sciabola lì il suo giudizio: «Il migliore allenatore del mondo è Josè Mourinho, è completo, è un capo». Qualcosa deve essere cambiato, al Camp Nou il 24 novembre scorso con Messi e Ibrahimovic in panchina, era uscito un 2-0 secco con un malinconico tiro da trenta metri di Milito e basta, una piccola tragedia all’italiana che Massimo Moratti infuriato spiegò a denti stretti: «La squadra è rimasta a Milano».
Adesso, circa cinque mesi dopo, le cifre dicono che il Barcellona in questa Champions ha vinto il suo girone di qualificazione ma ha totalizzato finora 19 punti, l’Inter nel medesimo girone è arrivata seconda e dopo ottavo e quarto ne ha totalizzati 21. Il finale dei nerazzurri è stato un’impennata, quattro vittorie fra ottavo e quarto contro Chelsea e Cska, il Barcellona due vittorie e due pareggi contro Stoccarda e Arsenal. Dopo i gironi l’Inter ha preso un solo gol dal Chelsea, il Barcellona quattro. Ma ne ha fatti undici, la media è quasi tre a partita, il colpo che fa male è questo, infatti Luis Suarez, ex di entrambe, chiese in tempi non sospetti una grazia: che si faccia male, che rimanga investito, che gli sparino. Chi? Lionel Messi, il tappetto.

Dello spilungone non si parla ma ci sarà anche lui. Via dall’Inter è calato il sipario su Zlatan Ibrahimovic, forse perché nell’estate del 2008 aveva dichiarato di voler diventare il prossimo capitano dopo Zanetti e nemmeno un anno dopo lasciava rapido il ritiro di Los Angeles per andare da Messi: «Resto? Non so, non dovete chiederlo a me, io ho il mal di pancia». L’Inter si gioca la finale contro il tappetto e lo spilungone e gli piazza davanti la miglior difesa d’Italia, 28 reti subite in 32 giornate, media 0,87 gol a partita, in Europa 7 gol subiti in dieci partite, media 0,7, una rete al passivo dopo la fase a gironi, una continuità che vale i primati, un gruppo di difensori che le consente di tenere in panchina Marco Materazzi e Ivan Cordoba, di liberarsi di Nicolas Burdisso e Nelson Rivas. Peraltro con Christian Chivu in campo con un caschetto protettivo e Davide Santon che solo ieri pomeriggio potrebbe aver messo fine al suo personalissimo calvario con il ginocchio destro. Poco dopo le 18 il comunicato del club riferiva che l’intervento in artroscopia di pulizia al Policlinico San Matteo di Pavia era durato circa un’ora, il bambino è già in fase di rieducazione. Torna tra un mese circa, se tutto gira ci sarà lavoro anche per lui, intanto chi c’è non lo fa rimpiangere, a Mosca i temutissimi stacchi del gigante Necid non ci sono stati, ha colpito una sola volta e quasi da fermo perché Samuel non fa saltare neppure i cani di Zanetti quando vengono a salutarlo. Il Cska ha crossato dalla fascia tre volte in 93 minuti, due interventi di Julio Cesar, belli. Sono numeri di una difesa che ha fatto salire la squadra ai vertici d’Europa, quando Josè dice che ora è un’altra Inter, una squadra che si sta costruendo una nuova immagine in Europa, ringrazia e si riferisce a loro, quelli che danno certezze, quelli che dovranno fermare il tappetto e lo spilungone. Ieri notte, mezz’ora dopo le due a Malpensa, fra una ventina di tifosi una voce: «Lucio, pensaci tu a Messi».

ilgiornale.it
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