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Milan, non meriti il ruolo di anti-Inter!

I rossoneri non stanno dimostrando di essere la seconda forza del campionato.

Il Milan ha battuto il Catania per 1-0 grazie ad un gol di Kakà, ed ha mantenuto invariato il image distacco di sei punti dall’Inter di Mourinho. Ma che tipo di risposta è stata? Sicuramente non soddisfacente. Nonostante a fine partita il match-winner brasiliano abbia dichiarato di aver visto una squadra in netta ripresa dopo le sconfitte contro Palermo e Lazio, ad essere sinceri, di positivo si è visto poco. I rossoneri appaiono lenti nell’impostazione della manovra, legati all’estro del campione brasiliano (il cui sfogo è stato legittimo, in quanto troppe volte, in questo inizio di campionato, l’eccessiva staticità di Dinho ne ha limitato il raggio d’azione), penalizzati dagli eccessivi egoismi di Pato e Shevchenko, alla ricerca spasmodica di dimostrare di essere un campione (il primo) e di essere tornato tale (il secondo). Nel calcio, così come nella vita, è il risultato finale che conta, ma non può bastare per meritare, insieme alla Juventus, il ruolo di principale antagonista dell’Inter nella corsa Scudetto. L’Inter scesa in campo in questi ultimi tempi è sembrata una compagine solida, capace di dominare l’avversario (pur non facendo sfracelli in campo), ma soprattutto è sembrata una squadra nella quale ogni singolo giocatore che viene schierato in campo sa esattamente quale sia il suo ruolo ed il suo compito. Nel Milan, la campagna acquisti, le cui “stranezze” sono state sottolineate anche da Piersilvio Berlusconi, la confusione è all’ordine del giorno. Ronaldinho, Flamini, Shevchenko, Zambrotta, questi gli acquisti estivi. Tra tutti, solo l’ex terzino del Barcellona ha dato le risposte che ci si attendevano. Ronaldinho, nonostante i gol su punizione e qualche colpo ad effetto per far esaltare il pubblico, non è più lui, parliamoci chiaro. Vi ricordate lo scattante giocatore blaugrana, che sgusciava come un matto sulla fascia sinistra del Camp Nou, e che a fine partita, quando scambiava la maglia con l’avversario, mostrava la sua eccellente forma fisica. Ecco, l’immagine attuale è alquanto diversa. Un osservatore attento non può non accorgersi dell’impietosa differenza. Il francesino ex-Arsenal, che l’anno scorso, durante la sfida contro i rossoneri, mostrò di essere più di un gregario di Fabregas, non ha lasciato praticamente il segno. Schierato in tutti i ruoli del centrocampo (addirittura inopinatamente come terzino nella prima partita casalinga contro il Bologna), l’ex-Gunners non riesce a trovare la collocazione che sembrerebbe più adeguata per le sue caratteristiche, anche perché Ancelotti, gli preferisce Ambrosini (giustamente) e perfino Emerson, anche lui in ripresa, ma neanche l’ombra del giocatore ammirato a Roma e Torino. Per quanto riguarda i “vecchi”, l’esempio che qualcosa deve cambiare è l’immenso capitano Paolo Maldini. Perché, come successo ad altri campionissimi, ai quali Paolo appartiene di diritto, la bandiera rossonera non ha preferito appendere le scarpe al chiodo dopo la vittoria di Yokohama o dopo la vittoria di Atene, quando era al top della condizione. Lungi dall’affermare che un campione come Maldini sia inadeguato in campo (sarebbe una bestemmia), il Paolo nazionale, ha mostrato, sin da inizio campionato, di avere, nel corso del match, delle amnesie che, sfortunatamente o meno, corrispondono quasi sempre a pericolose azioni da gol degli avversari o a segnature. A prescindere da Maldini, è il reparto difensivo nel suo complesso a non essere all’altezza. Manca un campione al top della condizione, con qualità e personalità, che possa guidare l’intera linea. Inoltre, non rappresentano un valido alibi gli infortuni. Una squadra come il Milan, visti i fasti degli anni scorsi, non può continuare a nascondersi dietro le assenze. E’ pur vero che tutte le annate non sono uguali, ma qui non si tratta solo di condizione fisica. Si ha come la sensazione che si attenda qualcosa di positivo, senza fornire le risorse che servirebbero ad ottenerlo (i singoli non possono essere sempre la soluzione). Non commettano l’errore i dirigenti rossoneri, ed Ancelotti (la cui presenza continua ad essere essenziale, ma che pare “subire” troppo la società), di attendere che qualcosa si rompa in maniera ancora definitiva, prima di intervenire effettivamente sul mercato. In tutta sincerità, una squadra con tutte le incongruenze palesate, almeno sino a questo momento, non può essere messa allo stesso livello dei cugini nerazzurri. (fonte: goal.com)
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