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Champions, per la storia e per l'Italia

L’istinto e l’istante. Eccoli. La Champions, la tripletta, l’onore, i quattrini: tutto in una notte, Bayern o Inter. Un anno fa, Roma celebrò la finale più attesa, i detentori del Manchester United contro quel Barcellona di nani e ricami che li avrebbe storditi. Il Bernabeu di Madrid ospita un epilogo che ha spiazzato persino i «futuristi» (e non solo per il giorno: sabato): da una parte, l’Inter abbonata a uscire negli ottavi; dall’altra, il Bayern rianimato, a dicembre, dalle generose bombole della Juventus. Niente Real, che Florentino Perez aveva vestito a festa, con Cristiano Ronaldo e Kakà, per la «cresima» in Europa; né Barça né Chelsea, pugnalati dai nerazzurri; e nemmeno il Manchester United, impallinato dai tedeschi. Il Bayern ne ha vinte quattro ed è all’ottava finale, l’ultima a San Siro, nel 2001, con il Valencia di Cuper, beffato ai rigori. Due, in compenso, i successi dell’Inter, e quattro in tutto le finali, l’ultima a Rotterdam, nel 1972, con l’Ajax (risultato: Cruijff due, Oriali zero). L’Inter (1964, 1965) e il Milan (1963, 1969) si portarono via gli anni Sessanta, il Bayern ha ereditato i Settanta dall’Ajax. Per la cronaca, i bavaresi sono già entrati nell’album della Champions - finalisti nel 1999, vincitori due anni dopo - mentre l’Inter no. In italiano, Champions si pronuncia Milan (3 successi, 6 finali) e Juventus (1 vittoria, 4 finali). La partita secca è un detonatore di episodi. Va maneggiata con cautela, potrebbe esplodere addosso al pronostico. Se l’obiettivo è reciproco - aggiungere l’Europa più ricca allo scudetto e alla coppa nazionale, impresa mai riuscita ai duellanti - il nocciolo della questione verte sul confronto tra Louis Van Gaal e José Mourinho, tecnocrati aspri, maestro e allievo ai tempi del Barcellona. Un olandese e un portoghese: un discendente del calcio totale, l’erede di Helenio Herrera. Maniaci per vocazione, e non per vezzo. A Van Gaal mancherà Ribéry, e a Mourinho, Thiago Motta, entrambi squalificati. Più grave la prima assenza.

Si gioca nel tempio del Real, le cui prossime funzioni saranno officiate proprio da Mou. Al posto suo, avrei aspettato lunedì prima di placare gli appetiti del direttore di «Marca». Se l’Inter non vince, il calcio italiano cederà un posto ai tedeschi nella Champions League 2011-2012; se viceversa alza la coppa, continuerà a essere Italia-Germania 4-3 (a proposito: il 17 giugno, saranno quarant’anni). Mourinho e Van Gaal non sono Sacchi, che godeva nell’occupare militarmente il campo e soffocare l’avversario. A loro non interessa il centro del ring. Cercheranno di rubarsi contropiede e ripartenze; con il pressing alto, Josè; con il fraseggio e le imboscate, Louis. L’asse Sneijder-Milito ha aperto molti fortini. Possibile che sull’olandese ronzi Van Bommel.

Saldo di Perez come Sneijder, Robben parte di solito da destra per poi accentrarsi e picchiare di sinistro. I gol di Firenze e Old Trafford ne incarnano lo stile e le preferenze. Gabbia ci cova, sulle ceneri di Messi. L’Inter batte il Bayern dalla cintola in giù, portiere compreso. Attenzione alle zampate di Ivica Olic, interista per un’amichevole, nel 1998: si nasconde e, d’improvviso, irrompe nel posto giusto al momento giusto. Squadre fisiche, abituate a gestire le tensioni. Mourinho dovrebbe scegliere il 4-2-3-1 che gli consegnò Londra, con Chivu terzino, Zanetti al fianco di Cambiasso e Pandev in vantaggio su Balotelli, considerato, non a torto, più letale come pedina mobile che come titolare fisso. In compenso, sarà Altintop ad avvicendare Ribéry: il francese è un anarchico di talento, senza il quale la manovra perde fantasia ma guadagna ordine.

Squadre fisiche, abituate a gestire le tensioni. Cruciale risulterà il presidio delle fasce: penso alle volate di Maicon e al lavoro sporco di Eto’o e Pandev. Un altro da non perdere di vista è il ventenne Muller: crea varchi e li riempie. Da Herrera a Mourinho, i tifosi non sanno più dove mettere i rimpianti, i rimorsi, e, adesso che l’ora si avvicina, i sogni. E da Angelo a Massimo Moratti? «L’emozione è proprio quella di partecipare allo stesso evento di 45 anni fa (Inter-Benfica 1-0) - spiega il presidente -. Allora ero più ragazzino, il tipo di piacere non cambia. Cosa direbbe papà? Non usava paroloni, diceva cose intelligenti, e spesso ci indovinava. Proverò a imitarlo».

Chi vince, si porta a casa un «piatto» di 40 milioni di euro (gli sconfitti, «solo» 35). Stadio Santiago Bernabeu, ore 20,45: dirige l’inglese Webb. Il tasto arbitrale è stato agitato, a turno, da Rummenigge, Van Gaal, Mourinho, Oriali: ognuno, naturalmente, pro domo sua. Percentuali di chi scrive: Inter 51, Bayern 49. L’addio di Mourinho avvolge la magìa dell’arena che ci consacrò campioni del Mondo nel 1982. Punto e a capo. Fuoco alle polveri.

lastampa.it
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