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Wesley Sneijder, l'affarone di Moratti


E allora di Quaresma ce n’è uno solo. Mourinho era l’unico a esserne così sicuro tanto da passare l’estate a menare il torrone a Moratti perché gli comprasse Sneijder. Un anno dopo aver costretto il presidente a scucire venti milioni per il bidone portoghese, ci sono voluti argomenti convincenti per chiudere un’operazione dall’esito non proprio scontato. L’uomo che ha impallinato la Dynamo Kiev e sgranato il gruppo F della Champions è arrivato a Milano per 13 milioni, più altri 3 di bonus da dirottare nelle casse di Florentino Perez. Dopo aver costruito Disneyland, il Real non sapeva dove mettere uno per cui la gente non sta in coda al parco dei divertimenti. Buon per l’Inter: Cambiasso nel 2004, Samuel nel 2005, Sneijder quest’anno: facessero sapere se avanza altra roba.

Mourinho il trequartista lo voleva più di ogni altro giocatore: riciclare Stankovic sapeva di minestra riscaldata, ma nella sua testa, l’Inter non aveva forma senza l’uomo da far ballare tra le linee. Poteva prendere, o far prendere, Deco: sarebbe stato il suo uomo di fiducia (portoghesi e insieme al Porto), in più a costo zero. Dettaglio mai andato di gran moda all’Inter, ma per una volta si sarebbe anche fatta un’eccezione. E invece Wesley Sneijder. L’uomo dell’ultimo minuto: arrivato il 28 agosto (a 3 giorni dalla fine del mercato), il 29 stava già in campo. C’era il derby. L’ha giocato, come ha detto Mourinho, «senza conoscere nome e cognome dei suoi compagni». L’ha vinto. Un segnale. Prima dell’artigliata di Kiev, quella ancora più a luci rosse contro l’Udinese, quattro minuti dopo il novantesimo.

Insomma, il ragazzo viaggia nella stessa direzione del destino. Già dove è venuto al mondo non è un posto qualsiasi: Utrecht, 25 anni fa. Prima di lui, Marco Van Basten. L’Ajax lo ha pescato che era ancora un bimbo da un club di dilettanti, il Dos, capace di vincere l’Eredivisie nel ’58 ma finito poi ad allevare talenti per il più forte settore giovanile del mondo. Dicono che già a cinque anni usasse destro e sinistro come gli girava, e se anche non è così, lo fa adesso, che è quello che interessa a Mourinho.

Il suo Ajax valeva un quarto di quello di Van Basten, ma quando nel 2003-2004 ha infilato 30 partite e nove gol allenato da Koeman, il suo visino da bravo ragazzo ha cominciato a fare il giro dell’Europa. Tre anni e 27 milioni dopo se n’è innamorato il Real, ma troppi galli hanno trasformato Sneijder nel pulcino da far penare. Guti e Raul: se non gli hanno fatto la guerra, certo non gli hanno aperto la saletta vip delle Merengue. Il primo cartellino timbrato col 23 lasciato da Beckham, poi il dieci liberato da Robinho. Il dieci. Numero perfetto e insieme chimera. Ognuno insegue la propria, ognuno è convinto di averla trovata.

La Juve con Diego e siamo ancora alle prove; il Milan che a giorni alterni lucida i dentoni di Ronaldinho. L’Inter, delicatezze muscolari permettendo, si è affidata a questo olandese dal sedere basso, come tutti quelli che hanno sulla schiena la doppia cifra(deve essere per quanto pesa), ma capace di dare rigore alla fantasia. Un inventore calvinista. Che con il senso mercantile degli olandesi ha fatto zero fatica ad adattarsi a Milano: «Se sto bene posso giocare anche dieci partite al giorno, Mourinho mi ha voluto a tutti i costi e ho capito che all’Inter non sarò uno qualunque», il suo approccio con il nerazzurro. «Non avrei mai pensato di fare il gol decisivo a Kiev, ora a Barcellona potremo giocare con molta meno pressione»: la firma dopo la notte ucraina.

Di italiano sa ancora poco, lo studia e per ora scambia pensieri e parole con Stankovic, prima spalla di Appiano. Una Volvo per auto e una top per compagna dal nome multicolor: Yolanthe Cabau Van Kasbergen, olandese di origine spagnola, che tra posare per una linea di lingerie e fare la madrina del prossimo Giro d’Italia, sta pensando di mettere su famiglia con Wesley. Hanno due figli, nessuno dalla loro unione. Se dà retta a lui, decideranno all’ultimo minuto.

lastampa.it
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