Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

Pazza Inter, cinque gol al Palermo


Alla fine del 1º tempo, il successo dell’Inter pareva adatto a incarnare, anche nei numeri, la risposta alle ambizioni rinnovate dalla Juve contro la Sampdoria. «Siamo capaci anche noi di dominare», era il messaggio implicito di Mourinho, persino incredulo di fronte alla goleada che stava spazzando il Palermo. Al 4-0, il portoghese si era girato verso uno della panchina nerazzurra e aveva fatto il gesto, immortalato dalle telecamere, di chi si inietta una «pera», come a dire che i suoi giocatori sembravano drogati: un doping virtuale, fatto di convinzione e senso pratico, di bella qualità e di follia quasi fanciullesca.

Se era droga, l’effetto finiva nella ripresa. Fuori Balotelli, a causa di una reazione allergica ai farmaci assunti contro l’influenza e la febbre che lo avevano colto in mattinata, e dentro Milito al rientro dall’infortunio. Soprattutto entrava Santon in difesa al posto di Chivu e l’Inter smarriva l’inossidabilità mostrata per 45 minuti. Franava Cordoba, si impappinava persino Samuel. Uno, due, tre. Miccoli, Hernandez e ancora Miccoli. In 20 minuti il Palermo segnava 3 reti sfruttando le azioni dalla destra dove appunto si era assestato Santon: la ragnatela di passaggi fine a se stessi che non aveva prodotto guasti nel primo tempo (solo una parata di Julio Cesar su punizione di Miccoli) lasciava il posto ad assist più verticali e incisivi.

Zenga, l’amico di Mourinho, finalmente se la giocava a San Siro, dove i tifosi l’avevano accolto con grandi ovazioni e prove di affetto pensando al portiere del loro passato più che all’allenatore di un possibile futuro. Era un Palermo senza il pericoloso (per sè) Melinte e a 4 punte con Hernandez: rischiava in difesa per lo sbilanciamento, però allarmava in attacco e finché al 38’ Milito non metteva il piede sul cross di Maicon, siglando pure lui la partita dorata delle punte (e l’argentino sprecava un altro paio di occasioni), l’Inter vedeva lo spettro di un pareggio che sarebbe stato ancora più colpevole e beffardo di quello patito dal Milan a Napoli. Il Palermo comunque aveva ottenuto il proprio riscatto. Che squadra strana. Cerca il palleggio come un piccolo Barcellona, alterna prestazioni da grande (con la Juve e ieri nella ripresa) a esibizioni sconcertanti, come nel primo tempo a San Siro quando ha patito a ogni occasione l’affacciarsi dell’Inter in area di rigore.

Balotelli è stato il miglior artefice e il simbolo di quei 45 minuti che, dopo la sua uscita al 3’ della ripresa, i suoi compagni hanno fatto molto per rovinare. Ha segnato due reti e ha permesso a Eto’o di tornare al gol come non gli succedeva dal 23 settembre, e di farlo due volte. Balotelli è un bambinone nero e azzurro. Come i cioccolatini evocati da Forrest Gump non sai mai in quale versione ti capita. Brillante contro il Genoa, fastidiosamente sfavato con il Catania, irresistibile con il Palermo. Può piacere o risultare odioso, però è uno dei rarissimi giocatori italiani che quando decide di giocare cambia la squadra e la partita, l’ispirazione e il raptus lo possono accompagnare ovunque.

Ieri la fiamma gli si è accesa al momento dei capricci, dopo sette minuti. Balotelli aveva sfruttato per primo la voragine del Palermo sul fianco sinistro, presidiato dall’esordiente Melinte e Migliaccio, che in due non ne facevano uno. Il romeno metteva una gamba tra quelle dell’interista, ruzzolone in area, rigore e Balotelli, convinto di tirarlo, si fermava a guardare come un intruso Eto’o già piazzato sul dischetto. Zanetti portava via il giovanotto che si allontanava a centrocampo, a testa bassa, senza la minima esultanza al boato che accompagnava la rete di Eto’o. Dovevano intervenire i fratelli maggiori a spiegargli di non fare il ragazzino. Zanetti, Cordoba, Cambiasso e Stankovic trovavano le parole giuste per spingerlo ad abbracciare Eto’o e concludere tra gli applausi un siparietto che avrebbe potuto creargli dei problemi, non tanto con il centravanti camerunese quanto con Mourinho e il pubblico. Da quel momento il bambinone diventava il protagonista, quasi volesse riconquistare quanto pensava gli avessero tolto. Ci riusciva.

Nell’ultimo quarto d’ora prima del riposo, Balotelli segnava il 2-0 di testa su angolo di Maicon, realizzava il 3-0 sfruttando sottoporta un pasticcio tra il portiere Sirigu e Kjaer, penetrava in area come nell’azione del rigore porgendo a Eto’o l’assist del quarto gol. Cammei collegati da azioni veloci e di senso pratico. Il mezzo suicidio dell’Inter lo coglieva sotto la doccia.

lastampa.it
Tags:

0 comments