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Adriano choc: "All'Inter ero sempre ubriaco"

Sotterranei del «S. Nicola», dopopartita di un Trofeo Birra Moretti. Adriano scherza, come sempre, con i compagni. Finché gli passano un telefonino: «Adri, è per te». L'Imperatore cambia espressione, scoppia a piangere e prende a pugni vetro e sedile del pullman. Marco Branca gli ha appena comunicato che suo padre, Almir, è morto. È il 5 agosto 2004. Roberto Mancini segue la scena con fraterna comprensione. No, non fu uno dei tanti «Moretti». Fu quello che cambiò destino e vita di Adriano, futuro da Imperatore del calcio. Senza incoronazione. Un gigante debole. Che dopo essere caduto in depressione a causa della morte del padre ha pensato di trovare nell’alcol il sollievo che non trovava nell’anima.

Non poteva essere così. E ora lo sa anche lui. E i soldi? Anche il denaro non ha potuto nulla. La depressione era diventata schiacciante, non lo lasciava vivere. Ma ora Adriano ha ritrovato la felicità. Lontano da Milano e dall’Inter. In Brasile, la sua terra. «Ho meno soldi e più felicità», racconta al magazine R7. L'attaccante, ora al Flamengo, non rimpiange il passato. «La gente pensa che sia stato un folle a rinunciare al contratto milionario che avevo, ma la verità è che non esistono soldi in grado di compensare l’affetto familiare. Ho rinunciato a tanti milioni, ma ho comprato la felicità».

Il racconto non è nuovo, ma aggiunge toccanti particolari: «Dopo la morte di mio padre, sono caduto in una depressione che riuscivo a curare solo con l’alcol. Ero felice solo quando bevevo e non smettevo mai. Uscivo tutte le sere e bevevo qualsiasi cosa: vino, whisky, molta birra. Mi presentavo ogni giorno ubriaco agli allenamenti. Non dormivo per paura di fare tardi, ma alla fine arrivavo in condizioni impresentabili e allora mi mandavano a dormire in infermeria, mentre ai giornalisti dicevano che avevo avuto qualche problema muscolare. Non smettevo mai di bere e la situazione divenne insostenibile, finché iniziai ad entrare in conflitto con Mancini e dovetti lasciare l’Inter».

Il prestito al S. Paolo sembrava aver risolto tutto, ma non fu così. «Ero solo e senza nessuno e ricominciai a bere». Poi all’Inter arrivò Mourinho, che prese sotto la sua ala protettiva Adriano. Voleva recuperarlo prima come uomo e poi come calciatore. Ma tutti gli sforzi del tecnico in accordo con Moratti e la società sono sfumati. «Non fu sufficiente. Ricominciai di nuovo con le feste, le donne, l’alcol. La società non era più disposta ad accettare la situazione e ha rinunciato. Mi dispiace per Mourinho, che litigò con alcuni dirigenti nel tentativo di convincerli a trattenermi».

lastampa.it
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