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Moratti, primi dubbi sull'Inter: "Ho visto paura e stanchezza"

Quando ieri mattina Massimo Moratti ha aperto i giornali sperava di trovarci un altro risultato. Tutto vero invece, quel 3-3 di Nicosia era lì bello stampato e i titoli sull’Inter provinciale e colabrodo devono averlo innervosito non poco. Oddio, il terreno era già abbastanza fertile visto quello che la squadra aveva combinato la sera prima, ma non è un caso se la liturgia presidenziale ieri sia stata più incisiva del solito. Lui, Moratti, che quest’anno si è imposto un low profile funzionale allo strapotere mediatico di Mourinho, ha ristabilito le gerarchie interventiste. E dato una pettinata mica male al gruppo. Nessuno escluso. Non lo Special One e nemmeno i suoi pards. «Il pareggio salva un po’ la faccia» è l’incipit di Moratti che va in crescendo: «Qualche cosa da mettere a posto ci sarà pure, credo che sia un fatto psicologico un po’ anche dovuto agli errori che commettiamo».

Di errori, nella notte tardo estiva cipriota ce ne sono stati una caterva. Quelli di Burdisso e di Mourinho. E quelli della squadra. Il difensore, non nuovo a certe vistose disattenzioni, è stato assolto a caldo da Mourinho («Certo non ha giocato una delle sue migliori partite, ma quando si sbaglia approccio come abbiamo fatto noi è troppo facile nascondersi dietro agli errori di un singolo») e ieri anche da Moratti che con l’argentino ha un rapporto molto particolare. Il presidente fu infatti molto vicino qualche anno fa a Burdisso, quando il ragazzo dovette trasferirsi in Argentina per problemi famigliari. Burdisso non ha mai dimenticato, Moratti nemmeno. Così la carezza presidenziale era quasi un atto dovuto: «Può capitare a qualsiasi giocatore, dispiace che sia accaduto a una persona così per bene e di qualità come lui». Insomma il caso è chiuso anche se, rimosse le scorie emotive, rimangono gli errori che peseranno nelle valutazioni di Mourinho e che gioco forza faranno retrocedere Burdisso nella graduatoria di reparto. Infortuni permettendo.
Sul terreno restano anche gli altri appunti di Moratti alla squadra. Stiletto più che bastone. «Era partita molto bene, sembrava una gara semplicissima, poi credo sia arrivata la paura, tipica della partita facile che invece sta andando male». E qui l’Inter si è incagliata dimostrando di aver ancora molto da pedalare sul terreno della mentalità, in dieci giornate di campionato e quattro di Champions i pugni da ko sono diventati carezze: «Quando vai in svantaggio in partite simili viene a mancare lo spirito e subentra la paura», è la sua fotografia.

E Mourinho? Nella lamentatio presidenziale il portoghese entra di striscio, il modulo di Nicosia non gli deve essere andato molto a genio, ma mettere becco negli affari tecnici ora è troppo rischioso e Moratti ha imparato dal passato tempistica e tipologia delle ingerenze. Su una cosa, però, il presidente ha puntato il dito. «Credo anche che ci fosse qualcuno un po’ stanco». Ibrahimovic? Dieci partite di campionato, quattro di Champions, la Supercoppa d’Italia: Zlatan non ne ha saltata una. Lui come Zanetti e Maicon, tre che a Nicosia sono scesi sotto la soglia di un rendimento fin qui mai messo in discussione. Ci sarebbe Adriano da reintegrare, Moratti non dice ma è chiaro che vorrebbe chiudere il caso in fretta ed è probabile che domenica con l’Udinese il reprobo (ieri in campo con la Primavera contro il Watford) torni nelle grazie di Mourinho. Il quale, dopo i cinque gol incassati in quattro giorni, dovrà ripensare all’assetto difensivo. Come gli ha suggerito anche Carlo Ancelotti non prima di averlo stuzzicato: «É difficile fare la differenza come allenatore nel calcio italiano. L’Inter? Molto efficace davanti con qualche squilibrio dietro. I risultati altalenanti possono essere legati alla filosofia di un nuovo allenatore». Almeno questo, è un problema che il Milan si è messo alle spalle.
(fonte: lastampa.it)
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