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Inter, i macigni di Mourinho

Otto punti. Un abisso ormai. Adesso Juve-Inter di sabato sera non va oltre il confine dell’ennesimo derby d’Italia. In chiave scudetto non è più una sfida diretta. Ieri il rigore di Milito, arrivato 5 minuti dopo il palo di Gilardino che avrebbe potuto dare il vantaggio alla Fiorentina, ha mandato l’Inter a una distanza che pare ormai del tutto rassicurante. Una squadra diversa da quella disastrosa di Barcellona, ma neppure così brillante come è sembrata a Mourinho. Tuttavia le due parate decisive di Frey, insieme al gol annullato a Samuel per fallo su Dainelli, dimostrano che l’Inter là davanti c’è rimasta più della Fiorentina. Anche se Milito non è stato il solito spaccadifese, ed Eto’o ha commesso errori che al Camp Nou non avevano mai visto.

Adesso sotto con la Juve. Mourinho, dopo aver annunciato che il castigo di Balotelli lo escluderà anche dalla sfida con i bianconeri, ha ammesso di non dare nessun significato particolare all’anticipo dell’Olimpico torinese: «Avere otto, cinque o zero punti di vantaggio non vuol dire niente. Mi interessa sapere chi potrò mandare in campo. Per esempio se riuscirò a recuperare Sneijder. E mi fa piacere che Thiago Motta, Muntari e Stankovic non siano stati ammoniti.

Andiamo a Torino per vincere come proviamo a fare in ogni partita. Il resto sono chiacchiere».
E anche Mou di parole ieri ne ha spese parecchie. Aveva tanta voglia di ristabilire la sua verità dopo il martedì nero di Coppa. Prima di tutto ha elogiato la squadra che «per 80 minuti è stata meglio della Fiorentina. Il fatto che il gol sia arrivato nel finale non conta. Se non avessimo vinto sarebbe stata un’ingiustizia». Poi ha esaltato Quaresma: «Non è un bidone, va capito, ha giocato poco. È stato prezioso». Il portoghese con la Juve non ci sarà: ieri ha chiesto troppo al suo fisico ancora a corto di preparazione ed è uscito con uno stiramento a un quarto d’ora dalla fine. Una notizia, quella del ko del «trivela», che Mou ha appreso da Inter Channel nel dopo partita.

Immaginatevi come può aver gradito di essere l’ultimo a saperlo: «Non mi hanno detto che si è infortunato. Il dottor Combi doveva parlare prima con me che con la stampa. Ma questa è la cultura Inter». Una società in cui da sempre parlano tutti e parlano troppo. Mou ha risposto anche a Moratti, che ha invitato il suo allenatore «a ricordarsi quali sono in suoi doveri». Ovvero: a Barcellona si può perdere, ma non così. Prima di sistemare lo staff medico, lo Special ha risposto anche al suo presidente: «I miei doveri li conosco molto bene. Il principale è di essere sempre onesto, non ho l’obbligo di vincere. E devo lavorare con il pensiero al presente e al futuro».

Il riscatto con la Fiorentina, a capo di una partita che i viola hanno giocato sotto ritmo, è stata quindi la sua rivincita personale. Un modo per allontanare i fantasmi di nuovi allenatori che già si appalesavano ad Appiano Gentile e che pesavano come macigni sulla sua capoccia ingrigita, come gli ha ricordato ieri Arrigo Sacchi. Mou ha reagito con la solita ironia: «Dopo Barcellona ero diventato un allenatore scarso e c’erano un paio di candidati alla mia sostituzione. Non ero un genio dopo Kiev non sono diventato incapace perché abbiamo perso malissimo in Champions. Con la Fiorentina abbiamo giocato di nuovo da Inter. La squadra ha dato una risposta fantastica, ha già dimenticato quello che è accaduto martedì». Inutile cercare piccole crepe nelle certezze di Josè. Va verso il confronto con la Juve all’apparenza senza incertezze: «Non siamo più nervosi del solito in attesa della Juve. Anzi, partite come questa ti fanno trascorrere una settimana molto tranquilla».

lastampa.it
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